Senza ombra di dubbio oggi la società è diventata la chiave di tutto. Anche in architettura è nato questo bisogno di far emergere la collettività. Come rendere reale questo? Attraverso dei simboli in cui possiamo riconoscere ognuno di noi, sia come un tutt'uno, ma anche individualmente. Il fattore principale è che tale simbolo venga più o meno condiviso collettivamente (un po' come il paesaggio). Si deve dare importanza alla società. Come nelle pubblicità di oggi non importa più l'essere funzionante (è quasi sottinteso), ma si deve dare di più, si deve personalizzare: ognuno di noi deve vivere il progetto. Sarà forse l'inizio di un nuovo umanesimo, in cui l'uomo diventa il centro di tutto e sopratutto le sue esperienze sono al centro di tutto?
La prima architettura che mi è venuta in mente, in quanto si caratterizza in particolare modo per quell'elemento, è la Chiesa della Luce di Tadao Ando. La croce, oltre ad essere il simbolo della cristianità, è anche metafora della nostra esistenza che deve vedere la vera luce che rischiara ogni uomo. Qui non è una architettura che è simbolo ma una architettura che si basa prevalentemente su quel simbolo, ed è parte integrante. Inoltre anche l'elemento della luce è emanazione e metafora di Dio.
Non bisogna comunque dimenticare che l'architettura deve essere funzionante e non solo apparenza: l'abito non fa il monaco. Allo stesso tempo l'architettura non deve diventare come "una donna bella ma che non balla". Il simbolo deve essere solo ornamento dell'architettura, deve far emozionare ed entrare dentro lo spettatore ma non essere l'unico elemento dell'architettura. L'architettura non deve essere vuota al suo interno. Lo è un esempio il museo a Bilbao di Gehry: la sua architettura è come una cattedrale gotica, ma allo stesso tempo è davvero funzionante.